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10 maggio 2010 1 10 /05 /maggio /2010 22:12

Nella seconda edizione delle sue "vite" , venuta alla luce nel 1568, Giorgio Vasari, emerito architetto,pittore e biografo dei grandi artisti, scrive, riguardo a una famosa chiesa fiorentina : "L'anni MXIII si vede l'arte aver ripreso alquanto di vigore nel riedificarsi la bellissima chiesa di San Miniato in sul monte...perciocchè, oltre agli ornamenti che di marmo vi si veggiono dentro e fuori, si vede nella facciata dinanzi che gli architetti toscani si sforzarono d'imitare...quanto potettono il più, l'ordine buono antico".

Di contro, cinque secoli prima, un monaco borgognone, Rodolfo Glabro (o Raoul Glaber, in francese odierno), scrive, nella sua "Cronica" dell'anno 1003 (ma alcuni leggono 1033) : "Si sarebbe detto che il mondo stesso, scrollandosi di dosso le spoglie della vecchiaia, si fosse rivestito di un bianco manto di candide chiese".

Abbiamo due concezioni dell'arte dello stesso periodo (tre il 1003 e il 1013, o  se vogliamo accettare l'opinione di chi legge l'anno 1033 nei manoscritti che riportano l'opera di Rodolfo) che divergono profondamente, nelle loro basi culturali e nei risultati pratici. Per lo storico e architetto aretino, il valore di un'opera meravigliosa e profondamente originale come il San Miniato sta nello sforzo di imitare un altro mondo, preso sempre come punto di riferimento, che sta alla base della concezione architettonica di San Miniato, ma che non viene imitato pedissequamente. Piuttosto, quelli che Vasari chiama "architetti toscani" partono dal mondo romano ma lo citano, lo prendono come esempio ma ne escono architettonicamente e idealmente. Sembrerebbe molto riduttivo considerarli come semplici imitatori. Ma una visione parziale e riducente il rapporto con l'antico al fenomeno della "mimesi" o imitazione conduce un uomo profondamente inserito nell'atmosfera tardocinquecentesca come il Vasari a fare queste considerazioni, che, in fin dei conti, si riducono all'assunto che la bellezza di questa chiesa stia nel suo "ritorno" all'antico e che, di conseguenza, l bellezza stessa è legata a questo desiderio impossibile di tale "ritorno", che poi animò tutto il rinascimento.

Quanto è diversa la posizione di Rodolfo, non solo per il periodo diverso. La bellezza del "bianco manto di candide chiese", per lui, significa un risveglio dalla paura della fine del mondo che aveva attanagliato tanti siriti nel X secolo e agli albori dell'XIesimo. Non, quindi, l'illusorio rincorrere un desiderio del ritorno di un'antica età dell'oro (in realtà mai esistita), ma l'impeto di una novità, che si libera del vecchio proprio perchè da esso trae esperienza ma è comunque espressione di un'epoca nuova, vivificata dal rinnovarsi della Fede cristiana. Tant'è che proprio il "bianco manto di candide chiese" è ciò che, per primo, balza agli occhi di un cronista che, ad onta dei numerosi problemi disciplinari che gli costarono sanzioni di vario tipo presso il suo ordine (fu più volte spostato di sede in sede per cercare di porre un argine alla sua continua disubbidienza e ad attegiamenti che diedero scandalo), ha visto, rispetto al pregiudizio ideologico del grande architetto italiano, visto con gli occhi dell'osservatore attento che privilegia NON la sua immagine sulla realtà, bensì la realtà stessa.

 

(Français) - Dans la deuxième èdition de ses "vite" des artistes (1568), le grand Historien de l'art, architecte et peintre d'Arezzo Giorgio Vasari à ecris, en parlant d'une cèlebre èglise de Florence : "l'an MXIII l'on voit que l'art à rèpris en vigueur dans la rèconstruction de l'eglise de San Miniato al Monte, parce que, avec les ornements de marble qu'on y voit, dans la façade on règarde que les architets toscans ont rèpris, pour ce qu'ils pouaient, la bonne modalitè contructive de l'ancienne Rome."

Par contre, un moine mèdieval de l'an mille, Raoul Glaber, ècrit dans sa "Chronique de l'an 1003 (où 1033) : "L'on aurait dit que le monde mème se libere des èpouilles de la vieillesse pour  se donneri un blanc vètiment d'èglises candides."

L'on a deux sygnification de l'art du periode de l'entrèe de l'an mil, different de toutes les bases culturelles et dans l'act pratique. Pour Vasari, le valeur de cette oeuvre d'où il perle est dans le pròces d'imitation forcèe d'un autre monde, vu comme point de comparaison prèferentiel, certainement important pour comprendre San Miniato, mais que les architet de cette eglise n'imitent pas tout court. ILs font une oeuvre de citation, mais il ne sont pas des simples imitateurs. Mais une vision partielle (et non pas veritière) de la comparaison avec le monde antique conduit Vasari à considerer che la beautè de cette splendide et originelle èglise est dans ce "retour" à l'ancienne Rome et que, en consequence, la beautè est dans cet impossible "retour" que toute la Renaissance a revè.

Raoul est très different, et non pas seulement pour l e periode different. La beautè du "blanc manteau de candides èglises"  est pour lui un rèveille, un se rèdester des timoeurs de la fin du monde qu'avait dominè les coeurs autour de l'an mille. Non pas l'illusion d'un impossible rèproposer l'antique "age de l'or" (une vraie invention, jamais rèelle), mis l'èvenement improvvise d'une novitè pour le monde, qui va se livrer de l'ancien periode parce qu'il trait  une leçon de l'experienc du passè, mais est l'expression d'une èpoque nouvelle, vivifièe par le rènouvellement de la Foi chretienne. Tandis que le "blanc manteau de candides èglises" est la prèmiere chose qui vient dans les yeux d'un chroniste qui, mème s'il a eu beaucoup de problemes de discipline monastique et les actions scandealeuses qu'il avait fait, a vu plus loin en comparaison aux prises de position ideologiques de Vasari. Le moine a vu avec une attitide qui a privilegè NON PAS sa vision de la rèalitè, mais la rèalitè mème.

 

PIERO MASIA

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